Campagna d'Italia (1813-1814)

Voce principale: Caduta del Regno d'Italia.
Campagna d'Italia
parte della sesta coalizione
Il generale von Bellegarde e il suo Stato maggiore in un quadro di Albrecht Adam del 1815
Data12 agosto 1813 - 28 aprile 1814
LuogoItalia, Austria, Slovenia e Croazia
CausaEntrata in guerra dell'Impero austriaco
EsitoVittoria della Coalizione
Modifiche territorialiDisfacimento del Primo Impero francese
Schieramenti
Comandanti
Bandiera dell'Impero austriaco Heinrich Johann Bellegarde
Bandiera dell'Impero austriaco Laval Nugent von Westmeath
Bandiera dell'Impero austriaco Johann von Hiller
Bandiera dell'Impero austriaco Paul von Radivojevich
Bandiera dell'Impero austriaco August von Vécsey
Bandiera dell'Impero austriaco Franz Philipp Fenner von Fenneberg
Bandiera dell'Impero austriaco Anton Gundacker von Starhemberg
Bandiera del Regno Unito William Bentinck
Bandiera del Regno Unito Henry Tucker Montresor
Josias Rowley
Thomas Fremantle
Bandiera del Regno Unito Vittorio Amedeo Sallier della Torre
Gioacchino Murat
Francesco Macdonald
Michele Carrascosa
Angelo d'Ambrosio
Giuseppe Lechi
Francesco Pignatelli
Andrea Pignatelli di Cerchiara
Ruggero Settimo
Diego Naselli
Vito Nunziante
Giuseppe Thaon di Revel di Sant'Andrea
Giorgio Andrea Agnès des Geneys
Eugenio di Beauharnais
Pierre Dominique Garnier
Paul Grenier
Jean Antoine Verdier
François-Jean Baptiste de Quesnel
Marie François Rouyer
Pierre-Louis Binet de Marcognet
Antoine Louis Popon de Maucune
Sextius Alexandre François de Miollis
Gabriel Barbou des Courières
Maurizio Ignazio Fresia
Achille Fontanelli
Giovanni Battista Bianchi d'Adda
Domenico Pino
Filippo Severoli
Giuseppe Federico Palombini
Carlo Zucchi
Teodoro Lechi
Gioacchino Murat[Nota 2]
Effettivi
50 000 soldati austriaci (1813)
30 000 soldati napoletani (dal 1814)
100 000 soldati in totale (estate 1813)
46 000 soldati franco-italiani (dal 1814)
Perdite
Migliaia tra morti, feriti e catturatiMigliaia tra morti, feriti e catturati
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La campagna d'Italia del 1813-1814 fu la serie di operazioni militari combattute durante la guerra della sesta coalizione, principalmente in Italia settentrionale tra l'Impero francese e la Coalizione guidata da austriaci e britannici. Rappresentò l'ultima volta del cosiddetto "periodo francese", precisamente dalla campagna del 1796-1797, in cui un esercito francese e uno austriaco si fronteggiarono per il controllo della penisola. La guerra austro-napoletana del 1815 fu uno scontro essenzialmente tra soli italiani e austriaci.

L'Italia nel 1810, nel suo assetto politico-territoriale al momento dell'invasione della coalizione antifrancese nel 1813-1814

Dopo la disastrosa campagna di Russia l'Esercito del Regno d'Italia era fortemente indebolito. Si distinse ancora una volta durante la campagna di Germania del 1813, ma quando il 12 agosto l'Impero austriaco entrò in guerra, fu in gran parte richiamato a sud per fronteggiare l'invasione della Coalizione. L'armata franco-italiana era comandata dal viceré d'Italia Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone Bonaparte, mentre l'esercito alleato, in questo teatro di operazioni, fu posto sotto il comando del feldmaresciallo austriaco Heinrich Johann Bellegarde e del generale britannico William Bentinck. Al fianco di austriaci e britannici vi erano di nuovo il Regno di Sicilia di Ferdinando IV di Borbone e il Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele I di Savoia.

Eugenio di Beauharnais, viceré d'Italia

Inizialmente i franco-italiani riuscirono a rallentare l'avanzata della Coalizione nelle Province Illiriche, grazie soprattutto alla battaglia di Feistritz, ma già il 5 ottobre dovettero ripiegare verso la linea dell'Isonzo, confine orientale del Regno d'Italia, e alla metà del mese iniziò l'invasione del regno. La già sproporzione di forze fu aggravata dalla defezione del Regno di Baviera[1] di Massimiliano I Giuseppe prima e, soprattutto, del Regno di Napoli[2][3][4] di Gioacchino Murat dopo. Murat aveva scelto di cambiare schieramento non solo per mantenere il proprio dominio, ma anche per espanderlo, cercando in questo modo di realizzare il suo progetto di unificare gran parte dell'Italia sotto la sua persona.

Gioacchino Murat, re di Napoli

Comunque le truppe di Beauharnais continuarono a combattere valorosamente nella Pianura Padana e ottennero vittorie tattiche contro gli austriaci nelle battaglie di Caldiero e del Mincio; tuttavia, la primavera del 1814 fu segnata dalle sconfitte nelle battaglie di San Maurizio e del Taro e dalla progressiva avanzata della Coalizione nel territorio italiano.

Nel frattempo Napoleone veniva sconfitto nella campagna nel nord-est della Francia e di conseguenza abdicò da Imperatore dei francesi e Re d'Italia ad aprile. Dal quel momento l'autorità napoleonica nella penisola cessò di fatto di esistere. Il 23 aprile Eugenio di Beauharnais fu costretto a firmare la Convenzione di Mantova, per poi auto-esiliarsi in Baviera. Entro la fine del mese le restanti guarnigioni italiane dovettero arrendersi.

La caduta del Regno d'Italia fu un evento traumatico per i patrioti e intellettuali italiani, tra cui Ugo Foscolo, Giovanni Berchet e Alessandro Manzoni, che videro infrangersi il sogno di un'Italia unita. Manzoni in particolare scrisse una canzone intitolata "Aprile 1814" in cui auspicava il mantenimento dell'indipendenza del regno, fatto che per volere del Congresso di Vienna non avvenne.[5][6] Il ricordo di uno stato libero e liberale italiano sotto Napoleone diede la spinta necessaria ai patrioti[Nota 3] durante il Risorgimento per continuare a lottare per l'unificazione.


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  1. ^ Barton, Pp.94–95.
  2. ^ Pierre-Marie Delpu, Les répercussions de la campagne de Russie dans le royaume de Naples (1812-1815) : origine ou révélateur d'une crise politique ?, Annales historiques de la Révolution française 2016/2 (n° 384).
  3. ^ Massimo Costa. Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio, Amazon, Palermo, 2019, p. 260 - ISBN 9781091175242
  4. ^ Guglielmo Ferrero, Il Congresso di Vienna - 1814-1815, vol. II, p. 236
  5. ^ Langella, p. 70,Tellini, p. 84 e Manzoni scrittore e lettore europeo
  6. ^ Tellini, p. 84.

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